Rischio Azionario
Valutazioni del rischio connesso alle azioni
Tale valutazione pone l’attenzione sulla quantificazione del rendimento o del prezzo del titolo in un determinato momento. Un giudizio sulla bontà di un titolo,tuttavia deve essere espresso ponendo attenzione anche ad un altro elemento:la probabilità che la stima del rendimento futuro si realizzi. Come già trattato prima ricordiamo che le azioni sono formate da capitale a rischio ovvero non vi è garanzia di remunerazione. Il rendimento non è altro che il premio ottenuto dall’investitore per il rischio corso,è quindi opportuno includere nella valutazione del titolo quegli indicatori che permettono di confrontare il rischio sopportato e il rendimento ottenuto. Questo confronto non è facile in quanto sono molti i fattori che influenzano il prezzo( settore di appartenenza,andamento del mercato,etc).Infine è da aggiungere che il rischio può variare a seconda che l’investitore abbia optato per 1 solo titolo invece che ad un portafoglio diversificato;nel primo si ha il rischio totale mentre nel secondo il rischio sistematico.
LA VOLATILITA’ O RISCHIO TOTALE.
Una misura della variabilità di rendimento è il rischio complessivo che viene calcolato basandosi su dati storici. In sintesi viene identificato un periodo temporale che viene analizzato con la raccolta dei dati dei rendimenti annuali,il calcolo medio di tali rendimenti con cui si determina quanto i dati si siano discostati dalla media. Gli indicatori che formano il rischio totale sono :la volatilità( varianza) e la deviazione standard. La prima è rappresentata con la lettera sigma ed è data dal rapporto tra la sommatoria degli scarti elevati al quadrato dei singoli valori dei rendimenti, la loro media e il numero dei dati componenti la media. La radice quadrata della varianza altro non è che la deviazione standard. In alternativa il rischio totale può essere valutato,al fine di stimare la variabilità dei rendimenti attesi,in ottica ex-ante.I n questo caso viene calcolato per prima il rendimento medio atteso;ogni previsione è riferita ad un particolare scenario aziendale che può avere minore o maggiore probabilità di accanimento. In seguito il rischio è calcolato utilizzando il concetto di volatilità a rendimento atteso stimato in precedenza. La valutazione ex-ante è meno utilizzata di quella ex-post in quanto si hanno maggiori difficoltà a reperire le informazioni utili alla stima del rendimento. La volatilità misura,indipendentemente dall’utilizzo dell’ex-ante o dell’ex-post,il rischio complessivo del titolo senza chiedersi quali fattori lo influenzino;questo indicatore è utile quando l’investimento è indirizzato ad un solo titolo.In caso di investimenti diversificati tali parametri si modificano. In questo caso il rendimento è dato dalla media ponderata dei rendimenti dei titoli posseduti mentre il rischio è inferiore,generalmente,alla media ponderata dei rischi dei vari titoli posseduti. La correlazione misura la tendenza di 2 diversi titoli a muoversi con medesima intensità e alla stessa direzione,e il suo valore varia da più 1 a meno 1:
correlazione positiva( = +1) indica che i titoli si muovono uniformemente nella stessa direzione
correlazione positiva (> 0) indica che il movimento,in genere,si muove nella stessa direzione
correlazione nulla (=0) indica che i titoli si muovono indipendentemente tra loro
correlazione negativa (<0) indica che i titoli si muovono in maniera inversa tra loro
correlazione perfettamente negativa(= -1) indica che i titoli vanno in direzioni opposte ma con stessa intensità.
IL BETA O RISCHIO SISTEMATICO.
Il rischio totale di un titolo può essere diviso in 2 componenti:rischio sistematico e rischio specifico. Quello specifico è legato alle caratteristiche e al settore a cui appartiene l’azienda,in parole povere esso riconduce la variabilità del rendimento a fattori come:politica aziendale,dinamiche settoriali e andamento del fatturato. In media questa componente può rappresentare il 70% della complessiva rischiosità di 1 titolo. Al contrario il rischio sistematico si basa sul generale andamento borsistico nel quale è quotato;il mercato può essere influenzato,a sua volta,dall’andamento economico generale. Quindi,il rischio sistematico può essere ricondotto alla variabilità dei rendimenti dovuti a variabili quali la crescita del pil,dall’inflazione,dai tassi di interesse e dall’andamento dei cambi. Questo rischio mediamente si quantifica nel 30% del rischio complessivo. Dato che il rischio specifico si riflette su ogni titolo è facile intuire che un portafoglio con titoli poco legati tra loro tende ad attenuare tale rischio;in concreto significa inserire un ventaglio ampio di titoli appartenenti a settori diversi nel portafoglio. Nel casso in cui i mercati siano ottimali e l’investitore opti per scelte adeguate l’unico rischio incomprimibile è quello sistematico in quanto quello specifico è eliminato dalla diversificazione dei titoli. Al fine di quantificare il rischio sistematico viene utilizzata la formula del CAPM ( capital asset pricing model) sviluppata da W.Sharpe negli anni 60. Tale teoria esprime il rendimento atteso di un titolo facente parte di un portafoglio diversificato come somma di 2 componenti: la prima relativa al tasso di interesse su attività esenti da rischio e la seconda pari al prodotto tra premi a rischio e l’indicatore beta( rischio sistematico).L’indicatore beta misura il rischio dato dai singoli titoli;i titoli con un beta minore di 1 hanno un contributo inferiore alla media del mercato e sono chiamati titoli conservativi in quanto hanno un rendimento che varia meno che proporzionalmente. Questi titoli fanno parte di settori economici tradizionali.Al contrario i titoli prociclici con un indicatore beta maggiore di 1 sono altamente rischiosi in quanto amplificano i movimenti di mercato. Questi titoli appartengono a settori che vengono influenzati dal trend economico.
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